
Lo dico sempre, io sui social condivido parecchio, tuttavia i contenuti personali sono sempre più rari. Passo un sacco di tempo a chiedermi perché quello che dico e che penso dovrebbe interessare qualcuno. Non è solo questione di scarsa autostima – ce l’ho – , più che altro lo chiamerei realismo. Non ho davvero molto da portare agli altri, quando si parla di social, a parte qualche mezza risata ogni tanto. La quantità di informazioni che circola è gargantuesca e non è credibile che proprio le mie siano così rilevanti all’interno di quel marasma.
C’è anche da dire che, se sono da qualche parte con mio marito o con dei miei amici, non mi viene da prendere in mano il telefono e scattare una foto. E anche quando lo faccio, preferisco tenere la foto per me. È un ricordo, alla fine. Sono dei bei momenti da raccontare, magari davanti a una tazza di caffè o di tè caldo. Perché dovrei condividerli su qualcosa di così impersonale come internet? Perché non posso godermeli a modo mio? Insomma, di recente ho imparato ad apprezzare l’idea di tenere determinate cose per me.
In più, dai, diciamolo, non hanno stufato tutte quelle citazioni roboanti con il mare sullo sfondo? Non sono stucchevoli quelle persone che pubblicano selfie o paesaggi con frasi del tipo “ricomincio da me”?
Per non parlare delle litigate. Sempre e comunque litigate e frasi sarcastiche per letteralmente qualsiasi cosa. In questa dinamica cado anch’io con tutte le scarpe – grazie mille, senso di frustrazione quotidiana! – ma mi sta stancando. Sono stanca di arrabbiarmi per niente.
In più c’è un’altra cosa che mi manda abbastanza ai matti: l’idea di dover diventare in qualche modo virale. Non conta più il contenuto di qualità, che pure ce ne sono, ma conta quanta gente riesci a raggiungere. Chiamatela invidia – ce l’ho – e frustrazione – ce l’ho –, ma non riesco proprio a mettermi d’impegno per raggiungere obiettivi che mi sembrano così poco realistici e lontani da me. La sola idea mi mette una stanchezza immane – ce l’ho – e a volte vorrei solo disattivare tutti i miei profili social e ritrovare un altro modo di sentirmi meno sola.
Mi piace pensarmi come una persona dalla mente aperta e orientata verso il futuro. Mi piacciono i ritrovati tecnologici – Kindle santo subito! -, adoro le innovazioni, ma in quest’ambito devo cedere le armi e ammettere definitivamente che mi manca da morire il mondo dei blog com’era una volta, quando le informazioni non dovevano per forza diventare virali. Magari lo diventavano, ma non era una conditio sine qua non. Io detesto i social. O meglio, detesto quella dinamica ossessiva per cui devi mettere la tua vita in vetrina o non sei nessuno. Anche se la tua testa sa perfettamente che non è obbligatorio condividere post e far vedere che stai passeggiando nella natura, che hai perso peso, che mentre stai in riva al mare vivi la vita al massimo della resilienza (chi ha inserito questa parola al di fuori della tecnologia dei materiali facendola incontrare con i social avrà le mie maledizioni finché campo!), che consideri i tuoi gatti come figli tuoi, alla fine quel piccolo impulso del “notatemi, per favore, notatemi!” diventa pressante e tu rimani lì, con il telefono in mano, consapevole che non hai davvero niente da dire e ti sembra di essere il disagio in persona, una sorta di grigia tappezzeria in un enorme party esclusivo. Poi magari rifletti e ti accorgi che anche quelle immagini condivise in modo compulsivo sui social per far vedere che la vita è bella in realtà sono partorite dal nulla cosmico.
E allora torni a prendere la questione meno sul serio.
Tutto questo perde importanza.
Torni a respirare.