Questa è un post poco “professionale”, se mi passate il termine, in cui vi racconterò cos’è successo in questi mesi di assenza dai social e dal blog. Vi racconterò di un percorso psicologico, di rotture e drammi e di cos’è cambiato. Spero abbiate voglia di leggere una storia.
Iniziamo con una diagnosi…

L’ho detto e ripetuto, per me il 2024 è stato un anno davvero infernale sotto molti punti di vista. Tra lutti e chiusure di rapporti è stata dura arrivare al 2025 senza chiedermi cos’altro doveva succedermi ancora. E infatti ero così agitata e nel panico che mi ero convinta di essere neuro divergente o di avere qualche disturbo d’ansia molto grave da curare con farmaci e terapie comportamentali. Il quadro era davvero desolante: dimenticavo le cose, ero spaventata all’idea di fare azioni che avevo sempre compiuto (tipo guidare e uscire di casa), insomma, non mi riconoscevo più. Sono sempre stata un po’ ansiosa, ma ormai avevo perso il controllo. Così lo scorso gennaio ho intrapreso un percorso diagnostico che si è concluso… con un nulla di fatto. Neurotipica e sana di mente, il mio stato ansioso cronico è risultato essere la conseguenza di un’autostima molto azzoppata. Se da una parte ero contenta della diagnosi, dall’altra le cose si sono complicate. Insomma, come avrei mai potuto migliorare qualcosa su cui lavoravo da più di dieci anni senza ottenere risultati apprezzabili?
…continuiamo con la vita che va avanti…

Non mi stava andando tutto male all’epoca e tutt’ora non mi posso lamentare. Ho un bel matrimonio e diversi amici, cosa che non molte persone possono dire di avere quando arrivano sulla soglia dei fatidici quaranta. Insieme alla scrittura pratico anche danza orientale e dopo undici anni ho finalmente trovato un gruppo con cui mi trovo davvero bene. Nonostante questa situazione andasse avanti ormai da un po’, la nebbia mentale continuava a esserci. Mi sentivo uno schifo, mi criticavo da sola per tutto: il mio modo di scrivere, di vestirmi, il mio peso. Mi sono ritrovata ossessionata da quei momenti in cui sentivo che qualcosa si era spezzato dentro di me. Non riuscivo a liberarmene nemmeno per sbaglio, continuavo a rimuginarci su, a lamentarmi senza mai uscire dal guscio. La cosa è continuata fino a quando non ho chiuso i rapporti con una persona e ho capito che la mia vita merita tutta la serenità che posso raccogliere.
… finiamo con una prospettiva rigirata.

Come sto ora? Direi bene. Ho ancora qualche strascico delle brutte annate che ho passato, ma dal momento in cui ho chiuso con la persona di cui sopra molti dei miei sintomi ansiosi sono regrediti all’istante, la mia memoria sta tornando con calma a pieno regime e anche la quotidianità è diventata molto più gestibile, tanto che sono andata avanti con diverse cose. Per esempio, ho scritto la bozza di un’altra storia e tre racconti, di cui due presentati a dei concorsi letterari. Uno di questi significa davvero tanto, per me, dal momento che è dedicato a racconti horror. Avendo in testa un romanzo di quel genere, si è trattato di una bella sfida con me stessa scrivere e mandare il racconto alla casa editrice. Non è affatto detto che vinca il concorso, perché scrivere horror non è facile e ci sono diversi autori che sicuramente sono più bravi di me, ma dopo anni in cui continuavo a sbattere contro il mio desiderio posso dire di avere vinto il mio blocco. Ho capito che sono capace di scrivere scene inquietanti.
Poi, se dopo tutta questa illuminazione e questa pace dei sensi dovessero scartare il mio racconto, potrei arrabbiarmi moltissimo, ma intanto mi godo la mia piccola vittoria personale!
Da dove prendi le idee? Finalmente una risposta…

È una delle domande che si fa spesso a uno scrittore e fino a quando non ho scritto quel racconto non sapevo davvero come rispondere, perché le mie idee sembravano scaturire dal nulla. Guardavo il personaggio di un videogioco e mi veniva in mente una storia, ma non capivo davvero il perché che ci stava dietro. Ci ho messo anni, ma ho trovato la fonte delle mie idee, il fil rouge che collega le mie emozioni alla mia scrittura.
Sembra banale, dopotutto chiunque mastichi anche solo un po’ di scrittura sa che lo scrittore porta sempre qualcosa di sé in ciò che scrive, è inevitabile. Spesso scrivere viene visto come una sorta di psicoterapia, tanto che esistono corsi di scrittura terapeutica. Ed è un punto di vista corretto, ma credo anche che ci sia un abisso tra il sapere i benefici della creatività e il capire davvero come applicare questi benefici in modo da dare al mondo un testo fatto bene.
Ormai sono convinta che per scrivere davvero bene, oltre al classico “leggi leggi leggi, scrivi scrivi scrivi”, si debba anche essere coscienti di cosa sia il proprio vissuto e trovare la propria voce interiore. Ci sono persone a cui viene naturale esprimerla fin da subito, c’è chi invece ci mette un po’ a trovarla. E forse io, finalmente, ce l’ho fatta.
